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Is Mustayonis e S’Orku Foresu

Is Mustayonis e S’Orku Foresu

Is Mustayonis e S’Orku Foresu. Due nomi che da soli evocano rumori di campanacci, odore di terra, ruggiti inumani e sguardi intensi dietro maschere spaventose. Il primo contatto con queste figure non è mai banale. Ti mettono alla prova. Ti chiedono di stare in silenzio, di osservare, e poi – solo poi – di scattare.

Il 12 aprile 2025 sono andato a Iglesias. Non per caso, ma neanche con un piano preciso. Avevo solo la mia macchina fotografica, il mio nuovo preset in bianco e nero e quella solita voglia matta di raccontare qualcosa che non fosse finto. E lì, come per magia, ho incrociato Is Mustayonis e S’Orku Foresu. Non nel loro habitat naturale, cioè Sestu, ma in trasferta, ospiti della Festa Sarda al Parco delle Rimembranze.

Avevano addosso l’odore della terra e del tempo. Sotto il sole sardo, tra artigiani, balli e profumi di pane carasau, questi personaggi sembravano usciti da un sogno arcaico. E io? Io cercavo di non perdere il ritmo, di seguire il suono secco delle canne degli Mustayonis e l’incedere selvaggio del loro Orku Foresu.

Fotografare per me è questo: raccontare senza filtri. Nessun trucco, nessuna regia. Solo istinto. Ogni scatto è un pezzo di una storia che non voglio controllare ma solo svelare.

Ecco perché quando mi chiedono “perché fotografi?”, rispondo sempre: non fotografo, racconto. E Is Mustayonis e S’Orku Foresu avevano una storia che meritava un ascolto profondo.

Chi sono Is Mustayonis?

I Mustayonis sono quei tipi che non dimentichi. Indossano abiti ruvidi, consumati, fazzoletti neri in testa. Portano canne d’olivastro e sonagli, e si muovono come sentinelle venute da un’altra epoca. Sono i contadini del passato, i guardiani dei campi, quelli che vegliano sulla fertilità della terra.

Ma non sono solo figure folkloristiche. No, sono molto di più. Sono l’incarnazione della fatica, del sudore, della speranza legata al raccolto. Quando li vedi camminare, senti il peso delle stagioni, delle attese, della pioggia che non arriva.

Durante il Carnevale di Sestu, hanno un ruolo preciso: tengono a bada l’Orku Foresu. Lo rincorrono, lo colpiscono, lo trattengono. Sembrano uomini, ma in quei momenti diventano antenati, spiriti della terra che lottano per la prosperità.

Cosa rappresenta S’Orku Foresu?

S’Orku Foresu è un enigma. Una creatura nera, con corna lunghe e pesanti, avvolta in pelle animale e colma di campanacci. Fa paura? Sì. Ma non è il mostro. È la natura, selvaggia e indomabile, che i Mustayonis cercano di tenere a freno.

Durante la sfilata, lotta, si dibatte, crolla, e poi rinasce. Acqua e paglia lo riportano in vita, come la terra dopo un temporale. Simboleggia il sacrificio, la rinascita, la ciclicità. È un rituale che si ripete da secoli.

E per me, vederlo a Iglesias è stato come intravedere un frammento di verità. Nascosta tra la gente che rideva e fotografava, c’era questa figura cupa che parlava una lingua antica. E io, con la mia macchina fotografica, ho cercato di tradurla in immagini.


Il contrasto tra scena e spontaneità

C’è qualcosa di ipnotico nel vedere una maschera muoversi. Soprattutto quando chi la indossa non recita, ma si trasforma.

È questa la forza di Is Mustayonis e S’Orku Foresu facebook: la capacità di rendere vera ogni scena. Anche se ci sono le luci, le musiche, i fotografi come me. Loro non posano. Loro fanno.

E io, con il cuore in gola, cerco solo di non rovinare quel momento. Di restare invisibile ma presente. Di documentare senza disturbare. E spesso, quando riguardo le foto, penso: “Non le ho fatte io. Le ho solo accolte.”

Is Mustayonis e S’Orku Foresu

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